lunedì 23 ottobre 2017

Accadde in una notte: Caporetto 24 ottobre 1917


CIVIDALE, 23 ottobre 1917.
Sera

Agitazione sempre crescente al Comando. Siamo qui in tre che non ripariamo a ricevere e mandar via telegrammi, fonogrammi.... Ogni tanto il Capo di Stato Maggiore, il Sottocapo entrano per leggere il non ancora interamente decifrato, per correggere ordini da trasmettersi; poi escono in furia. Altri ufficiali scendono e salgono le scale di corsa; arrivano e se ne vanno pezzi grossi. Nel cortile e nel giardino trepidano le automobili, scoppiano i motori dei syde-cars; la strada trema per il rotolio dei camions a precipizio....
Il generale Montuori, non mi è ancora riuscito di vederlo. Il generale Capello ha telegrafato da Padova che, sentendosi meglio in salute, è pronto a riprendere il comando.

Ore appassionate d'intensa vita.

L'attacco è cominciato all'ora precisa prevista, nel punto e nel modo stabiliti nell'ordine di operazione che conosciamo. Si aspettano con ansia i primi rapporti dei comandanti in linea. Tutti siamo su, intenti al lavoro.
Il generale Capello è qui al Comando, si dice, ma nessuno sa nulla di preciso. Impossibile parlare con chicchessia, tanto è il daffare e l'agitazione di ognuno.


Ore 4.
Decifriamo i primi fonogrammi. Sorpresa dolorosa per le notizie che arrivano. Le nostre linee sono state arretrate davanti a Tolmino. Il nemico attacca da tutte le parti; avanza nella valle di Caporetto; cala dalla parte di Saga.
L’ansia, l’angoscia di tutti qui, è terribile, sebbene dissimulata. Nelle facce pallide dei superiori, che s'intravedono mentre corrono da una stanza all'altra, danno ordini, spiccano ufficiali, ciclisti verso le linee, si legge l’inquietudine, il tormento dello spirito. Lorenzoni, il capitano Settimanni, i tenenti Onofri ed io, ritti in mezzo alla stanza, ci guardiamo in faccia senza osare di comunicarci i nostri pensieri. Consultiamo in silenzio le carte appese ai muri....
È possibile?

Si sente che altre notizie ci sono nascoste, sebbene i dispacci che decifriamo con rabbiosa impazienza ne portino ad ogni istante delle più gravi.

Altre linee sono state abbandonate. Arriva il capitano Ajraghi comandante del Quartier generale e ci ripete alcune voci che circolano nel comando, in paese....
— Che disastro! Che disastro!...
Ma i nostri, i nostri, cosa fanno? Dopo il bombardamento nemico non si ode quasi più un colpo di cannone. Eppure si dice che le fortificazioni arretrate in quel punto siano formidabili, imprendibili.

Abbiamo trasmesso ordini tremendi di resistenza sulla linea Monte Mia — Matajur — Monte Cucco — Kolovrat — Santa Lucia.
— Restare su questa linea fino alla morte. Punire senza pietà ogni debolezza nella difesa, qualunque segno d'indisciplina.
Le truppe nemiche sono entrate in Caporetto. I nostri resistono ancora sui monti. Ma le notizie si fanno più rare. Si vive come in un buio pieno di minacce.
Si spera in una forte resistenza alla stretta di Saga. Qualcuno dice però che è già stata forzata.
Che cosa avviene? Non si capisce più.... E questo silenzio, lassù!...

Col viso disfatto, gli occhi annebbiati dallo sforzo sui cifrari, guardiamo come intontiti la gente che seguita ad andare e venire.


24 ottobre.

All'alba, sono andato in camera mia per riposarmi un'ora. Dormiveglia tormentoso dopo l’atroce notte. L'atroce notte! Che cosa è mai successo?

[...]
Non ho il coraggio d'interrogare il Sottocapo o il generale Egidi, nero in viso e agitato. Ma capisco che qui avviene qualcosa di tremendo.
Si parla della perdita del Matajur, dello sfacelo della linea; ma le notizie sono ormai confuse e contraddittorie. Non si sa più che pensare.



Ardengo Soffici, La ritirata del Friuli, note di un ufficiale della seconda armata.
Firenze, Vallecchi, 1919

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